Smart working: cosa c’è da sapere sulla nuova legge

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Finalmente l’Italia si è dotata di una legge che regola in modo esaustivo il cd. “smart working” (L. 81 del 22 maggio 2017 http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/13/17G00096/sg), dopo un percorso durato quasi 15 mesi e che ha avuto dal suo principio lo specifico scopo di regolare un fenomeno empirico già fortemente diffuso ed in evidente crescita, in un’ottica di sviluppo dell’efficienza e della produttività, senza però trascurare la sicurezza del prestatore.

Innanzitutto bisogna chiarire cosa si intende per “smart working”; con questo termine ci si riferisce ad una specifica modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato (sia esso alle dipendenze di un privato o di una P.A.) in virtù della quale il prestatore può eseguire la propria prestazione con minori vincoli quanto all’orario ed al luogo di lavoro, potendo adempiere la propria obbligazione senza precisi vincoli di orario (ma comunque rispettando i limiti previsti dalla legge e dall’autonomia collettiva) ed, in parte, in locali situati all’esterno del perimetro aziendale, senza l’utilizzo di una postazione fissa.

Tale particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa deve necessariamente essere concordata tra le parti con un apposito accordo in forma scritta (ad probationem nonchè ai fini della sua regolarità amministrativa); esso non può prevedere un trattamento economico e normativo complessivamente inferiore a quello previsto dai contratti collettivi per mansioni dello stesso tipo espletate esclusivamente all’interno dei locali aziendali. Tale accordo disciplina anche le modalità di controllo sulla prestazione lavorativa (che, nel caso di specie, possono presentare indubbiamente delle particolarità, anche se devono comunque essere in linea con le disposizioni di cui alla l. 300/70), individuando altresì le condotte tenute all’esterno dei locali aziendali che possono dar luogo a sanzioni disciplinari.

Il rapporto di lavoro agile può avere durata sia indeterminata (ed in questa ipotesi è previsto un obbligo di preavviso per il recesso di almeno 30 giorni, che si estendono a 90 per i lavoratori disabili), che determinata; in ogni caso, ove il recesso sia fondato su un giustificato motivo, è possibile porre fine al rapporto prima della scadenza del termine o, in caso di tempo indeterminato, senza obbligo di preavviso.

Particolare attenzione è stata poi prestata dal legislatore sulla sicurezza del lavoratore, date le peculiari circostanze di luogo in cui lo stesso è tenuto ad operare: il datore, infatti, è tenuto a consegnare al dipendente ed al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa che contenga i rischi generali e quelli specifici connessi alle particolari modalità di esecuzione della prestazione. A ciò si aggiunga che il lavoratore deve cooperare per l’attuazione delle misure preventive predisposte dal datore per il tempo in cui opererà all’esterno dei locali aziendali.

Infine è bene ricordare che la legge prevede, quale tutela supplementare in favore del “lavoratore agile”, che quest’ultimo debba essere assicurato contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti dai rischi relativi all’adempimento esterno al perimetro aziendale, avendo altresì diritto alla tutela contro i sinistri “in itinere” (vale a dire occorsi nel tragitto di andata e ritorno tra la propria abitazione ed il luogo ove presterà la propria attività esternamente ai locali aziendali)

 

Dott. Pierluigi Gentile

Labour Counsel

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